Aumento in usa delle morti per droga. una riflessione sui dati italiani

L’Istituto Europeo per il trattamento delle Dipendenze (IEuD) segnala l’aumento di morti per overdose negli Stati Uniti dove l’epidemia da COVID-19 sembra aver posto le premesse per un’altra epidemia: quella da overdose per droga.
Come scrive il Washington Post, 35 Stati Americani sui 52 dell’Unione hanno già rivelato dati significativi: le morti per overdose da droga, che negli ultimi 18 mesi erano in costante diminuzione, hanno presentato una brusca inversione di tendenza arrivando ad eguagliare le morti di un anno in meno di sei mesi: un raddoppio della mortalità.

In Italia la situazione epidemiologica sarà nota nella sua completezza solo a fine anno ma i dati disponibili, che riguardano alcuni osservatori regionali, vanno nella stessa direzione.
Comunque si sviluppi il 2020 nel suo complesso, i mesi coincidenti con la pandemia e il lockdown hanno ormai una connotazione precisa: la crisi provocata dal COVID-19 ha portato a una grave crisi anche per quello che riguarda i processi di cura e prevenzione delle dipendenze. Le cause individuate dagli specialisti sono numerose.

L’isolamento sociale prolungato e la maggiore vulnerabilità allo stress.
In persone fragili sul piano relazionale ed esistenziale come i dipendenti da droghe, questo fattore può aver amplificato sia elementi di malessere, favorendo pensieri autodistruttivi, sia la sensazione
euforica di non avere più controlli. Nella dipendenza da droghe – una condizione che coinvolge tutte le relazioni della persona – non avere relazioni sociali e non poter vedere neppure i terapeuti lascia campo libero alla droga, unica compagna sempre presente. Inoltre, assunzioni più solitarie, senza qualcuno che possa chiamare emergenza hanno limitato la possibilità di aiuto in caso di overdose. A casa propria, da soli, se si sbaglia sostanza o dose non si hanno possibilità di un intervento salvavita precoce.

La crisi economica conseguente al lockdown.
Dalle statistiche americane precedenti la pandemia si ricava che ogni 1% in più di disoccupazione porta il 3% in più di morti per overdose da oppioidi. Si tende a pensare alla droga come a un problema personale ma, se le morti per overdose aumentano durante le situazioni di crisi occupazionale, alcuni ricercatori ravvisano in questo aumento un problema di sistema. La rapidità, la globalità, l’imprevedibilità della crisi, lo sconvolgimento delle abitudini di vita, la sorpresa, il disorientamento, l’incertezza e la confusione delle istituzioni accentuano il senso di solitudine dei cittadini, l’angoscia di doversela cavare da soli, la disperazione che nessuno interverrà per portare un aiuto.

La contrazione dei servizi aperti.
La ricerca di soluzioni di contenimento o di cura del COVID-19 ha portato a scelte drastiche. Come altri servizi aperti al pubblico (ristoranti, cinema, negozi), anche i servizi sanitari hanno ridotto la loro accessibilità: i pazienti in cura per la dipendenza hanno visto rallentare le visite, i controlli, gli interventi in genere. Allo stesso tempo, i soldi per la sanità sono stati dedicati alla tutela della sopravvivenza al virus, producendo in breve la sospensione di servizi “non urgenti” o “non essenziali”, come i progetti di prevenzione e di riduzione del danno, la diluizione del monitoraggio medico e infermieristico, la riduzione di attività psicologiche, educative, riabilitative. La pandemia ha deconcentrato dalle politiche sanitarie che prima avevano dato risultati importanti sull’overdose. Una regolazione al basso della potenza dei servizi che non sarà facile riportare ad un livello che garantisca i risultati di prima, inclusa una nuova riduzione delle overdose.

La delega al paziente di funzioni di autocontrollo.
Una maggiore distanza dai pazienti e le maggiori difficoltà di spostamento e accesso ai servizi, hanno necessariamente comportato minori controlli sulla adesione alla terapia. Nel caso della terapia sostitutiva con metadone o buprenorfina, ha portato ad aumentare la pratica dell’affido del farmaco ai pazienti, anche per lunghi periodi (la Legge lo permette fino a 30 giorni), riducendo le somministrazioni di persona e i controlli sanitari. Inevitabilmente, la consegna di significativi quantitativi di prodotto a pazienti in cura per la tossicodipendenza crea “occasioni” di misuso e diversione, cioè di uso improprio o ancor peggio di cessione ad altri, ovviamente illegale, delle proprie dosi per soldi.
La grande flessibilità del mercato di spaccio, con innovazioni nei sistemi di vendita e consegna. Il narcotrafffico e lo spaccio al dettaglio hanno dimostrato inventiva, flessibilità, capacità di innovazione, rapidità di decisione e azione, capacità organizzative, penetrazione informativa, attaccamento al cliente. Inoltre: ampliamento e differenziazione dell’offerta di prodotti, non conosciuti ai più. Ovviamente, la sperimentazione di nuovi prodotti presenta dei rischi per i consumatori, che per inesperienza o perché non hanno informazioni attendibili, ma solo promozionali, possono andare incontro a conseguenze molto negative, tra cui l’overdose e la morte.

“La drammatica esperienza americana – dice Emanuele Bignamini, membro del Comitato Scientifico di IEuD – deve insegnarci a riflettere con la giusta preoccupazione sulle possibili conseguenze anche in Italia dell’epidemia di COVID-19 sulle overdose da droga. Il caso recente dei due ragazzi di 15 e 16 anni di Terni, morti per probabile overdose da metadone, segnala l’importanza di investire in politiche sanitarie cogliendo anche l’occasione della disponibilità di innovative soluzioni legate al controllo digitale della salute”.

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