Vite salvate grazie all’angioplastica

“Le cure mediche compiono, giorno dopo giorno, progressi sempre più importanti. Ciò è vero anche e soprattutto per il settore cardiologico, che vede costanti miglioramenti nella prognosi delle malattie cardiovascolari, nella prevenzione delle complicanze e nella riduzione della mortalità, grazie a nuovi farmaci e a innovazioni tecnologiche sempre più sofisticate. Dal 1975, anno in cui nacque il Gruppo Italiano di Studi Emodinamici (GISE), nostro progenitore, il ruolo del cardiologo interventista ha assunto prevalenza sempre maggiore”, ha detto Giuseppe Musumeci, Presidente della Società italiana di cardiologia interventistica (SICI-GISE), inaugurando a Milano il convegno “Gise Activity Data”, che raccoglie per due giorni clinici, decisori e industria, con l’obiettivo di individuare e proporre soluzioni capaci di coniugare innovazione ed efficienza, difendendo la qualità delle cure offerte ai cittadini.
“Il nostro sistema sanitario offre un servizio di elevata qualità, lo testimoniano riconoscimenti che vengono da oltre confine. Oggi, in Italia come in tutto il mondo sviluppato, la sanità deve fronteggiare l’aumento dell’aspettativa di vita, delle malattie croniche, della complessità e del livello delle prestazioni da erogare, cui si accompagnano aumento della spesa e richiesta di assistenza e servizi di sempre maggiore qualità; tutto ciò garantendo la sostenibilità del sistema”, ha aggiunto.
“Affrontare questa sfida è possibile; è possibile agire assicurando ai cittadini la qualità delle cure, attraverso l’ottimizzazione delle risorse disponibili, misurando, analizzando e valutando ciò che viene fatto, come SICI-GISE fa dalla sua nascita e in modo sistematizzato da oltre 30 anni, raccogliendo i dati di attività di oltre 258 centri di emodinamica, che confluiscono in un ricco database di più di 330mila procedure di cardiologia interventistica l’anno, quasi 1.000 al giorno eseguite nel nostro Paese”, ha proseguito Musumeci.
Tutti interventi i cui effetti sono misurabili in risultati clinici e che hanno portato a un abbattimento della mortalità per eventi cardiovascolari dagli oltre 263.000 decessi del 1980 ai circa 220.000 del 2010, con una riduzione del 16,5%.
Ma misurare e valutare permette anche il miglioramento dei processi di assistenza e la qualità della cura, come testimonia, ad esempio, il progetto SICI-GISE “Rete IMA Web”: la rilevazione nazionale sullo stato di attuazione delle reti territoriali per il trattamento dell’infarto miocardico acuto, eseguita una prima volta nel 2007-2008 e successivamente nel 2012-2013. Grazie alla collaborazione con il progetto “Stent for Life”, promosso dalle Società Europea di Cardiologia (ESC) e di Interventistica Cardiovascolare (EAPCI), si è riusciti, nel nostro Paese, ad assicurare a tutti i pazienti con infarto miocardico acuto pari opportunità di tempestivo accesso alla procedura salva-vita dell’angioplastica primaria, favorendo la realizzazione delle reti per l’infarto, anche attraverso la stesura di decreti regionali laddove non fossero già presenti. “Grazie anche a Rete Ima Web, oggi in Italia l’angioplastica primaria è il trattamento di scelta nel 64,7% dei casi, mentre nel 2008 ciò avveniva in poco più di un terzo; è raddoppiato, dal 42,6% del 2008 al 79,6% del 2013, il volume degli accessi diretti dei pazienti con diagnosi di infarto ai laboratori di emodinamica, senza transitare dal pronto soccorso, con un accorciamento dei tempi di riperfusione; sono cresciute del 20%, passando da 157 a 188 le emodinamiche in grado di eseguire l’angioplastica 24 ore su 24, per 7 giorni la settimana. E alcune aree e regioni del nostro Paese sono un modello per l’organizzazione della rete per l’infarto”, ha commentato Musumeci.
Misurare e valutare permette, inoltre, di mettere a punto modelli tesi a migliorare l’appropriatezza, la gestione delle risorse e ridurre tempi e liste d’attesa. È il caso del “Percorso di appropriatezza clinica per la gestione del follow up del paziente sottoposto a rivascolarizzazione coronarica percutanea”, che delinea un protocollo strutturato, sulla base del reale rischio clinico di un paziente sottoposto ad angioplastica – oltre 140mila interventi di angioplastica coronarica l’anno in Italia, secondo i dati SICI-GISE – e della gestione integrata tra ospedale e medico di famiglia, in grado di ridurre le prestazioni ambulatoriali e gli esami ecocardiografici o i test da sforzo inappropriati, con impatto positivo sui tempi di attesa per le prestazioni e le liste d’attesa. Il modello, presentato da SICI-GISE a Milano, permetterebbe, ove applicato, di risparmiare quasi una prestazione l’anno per ogni paziente (0,87 prestazioni/paziente/anno) e ridurre visite, esami inutili, e di conseguenza le liste d’attesa, del 39%.

Nel video:

  • Giuseppe Musumeci
    Presidente Società italiana di Cardiologia Interventistica
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