Nuove terapie per fermare la progressione della sclerosi multipla

La sclerosi multipla è una malattia cronica e infiammatoria del sistema nervoso centrale e costituisce il più comune disturbo neurologico disabilitante di origine non traumatica nei giovani adulti.

La progressione della malattia è una delle preoccupazioni principali nelle persone affette da sclerosi multipla, perché questa patologia ha un impatto deleterio non solo dal punto di vista fisico, ma anche da quello cognitivo e mentale.

Durante il congresso di ECTRIMS, Il Comitato Europeo per il Trattamento e la Ricerca in Sclerosi Multipla, sono stati ribaditi i progressi ottenuti per il controllo di questa malattia. In particolare sono stati presentati nuovi dati relativi a evobrutinib, un farmaco che ha mostrato un beneficio clinico prolungato fino a cinque anni nei pazienti con sclerosi multipla recidivante, la forma più comune di sclerosi multipla. Circa l’85% delle persone diagnosticate ha inizialmente questa forma, caratterizzata da episodi acuti di malattia alternati a periodi di completo o parziale benessere.

«Evobrutinib è una piccola molecola che si assume per bocca e che agisce sia sulla componente infiammatoria periferica della malattia, quella ‘classica’ che conosciamo da tempo e che provoca le ricadute e le nuove lesioni attive a risonanza magnetica, sia sulla parte di cellule immunitarie all’interno del sistema nervoso centrale, tra cui la microglia, che si ritiene siano costantemente attivate fin dal primo giorno della malattia e che possono essere la causa di quel progressivo lento e insidioso danno al sistema nervoso centrale» spiega Massimo Filippi, Direttore dell’Unità di Neurologia, Neurofisiologia e Neuroriabilitazione all’IRCCS Ospedale S. Raffaele Milano.

I risultati ottenuti dal farmaco evobrutinib  nel contrastare la progressione della malattia si affiancano ai risultati ottenuti con l’utilizzo di un altro farmaco, e cioè cladribina compresse. I dati presentati al congresso ECTRIMS mostrano una tendenza a utilizzare sempre più precocemente questa terapia: «Il trattamento precoce  è una garanzia per prevenire un’evoluzione sfavorevole di malattia» conferma Roberto Bergamaschi, Direttore Scientifico della Fondazione Mondino, Istituto Neurologico Nazionale IRCCS di Pavia. «In termini specifici e di esperienza diretta, possiamo senz’altro dire che cladribina si pone come un trattamento ideale per un intervento precoce dal punto di vista terapeutico».

Nel video: 

Massimo FILIPPI
Direttore Unità di Neurologia, Neurofisiologia e Neuroriabilitazione IRCCS Ospedale S. Raffaele Milano

Jan KIRSTEN
Amministratore delegato divisione Healthcare di Merck Italia

Roberto BERGAMASCHI
Direttore Scientifico Fondazione Mondino, Istituto Neurologico Nazionale IRCCS Pavia

Total
0
Condivisioni
Articolo Precedente

Un farmaco innovativo per una malattia rara che lascia senza forze

Articolo Successivo

Deficit dellormone della crescita, disponibile una nuova terapia a somministrazione settimanale 

Articoli correlati