Malattie renali croniche, i vantaggi della dialisi a domicilio

«La malattia renale costringe a recarsi in ospedale per la dialisi tre volte alla settimana, con  conseguenze molto negative durante il Covid, non soltanto per le percentuali di contagiati sull’insieme dei malati cronici gravi e dei dializzati, ma anche per gli esiti del contagio, risultati generalmente più gravi nei dializzati, con una mortalità che è stata quattro volte superiore alla media nazionale» avverte Giuseppe Vanacore, Presidente Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto – Aned. 

Per molte patologie croniche l’assistenza domiciliare ha rappresentato un’alternativa molto positiva e questo vale anche per i pazienti con malattia renale cronica che eseguono le terapie dialitiche domiciliari, come per esempio la dialisi peritoneale, rispetto a quelli che effettuano l’emodialisi in una struttura ospedaliera. Secondo il Report Annuale dello United States Renal Data System 2020, i ricoveri tra i pazienti sottoposti a emodialisi in ospedale sono state dalle tre alle quattro volte superiori rispetto ai pazienti che effettuavano una dialisi domiciliare.

«Questo è il risultato più importante ottenuto con la dialisi a casa, a cui si aggiungono altri vantaggi. In primo luogo, occorre considerare che i pazienti in dialisi domiciliare possono fruire di un maggior grado di autonomia grazie alla maggiore flessibilità degli orari dei trattamenti e di una maggiore indipendenza dal Centro Dialisi, vedendo favoriti i trasferimenti per lavoro, studio, vacanze e vita sociale e di relazione» spiega Vanacore. «La maggior autonomia e la conseguente responsabilizzazione che deriva dalla autogestione della propria salute hanno un effetto terapeutico chiaro, i pazienti hanno una migliore percezione del loro stato di salute e, in non pochi casi, possono ridurre la necessità di farmaci. La deospedalizzazione dei malati nefropatici in combinazione con la telemedicina non è una novità, essendo prevista nel piano nazionale delle malattie croniche che risale al 2016, ma non ha avuto prima della pandemia da Covid un’adeguata estensione. In nostro auspicio è che l’assistenza domiciliare sia confermata anche dopo la pandemia e anzi si diffonda maggiormente e raggiunga tutte le regioni italiane». 

Un’indagine realizzata dalla Società Italiana di Nefrologia durante la pandemia da COVID-19 ha confermato che la diffusione della malattia nei pazienti in dialisi era molto meno frequente nei pazienti in dialisi domiciliare rispetto ai pazienti che eseguono la emodialisi presso i centri ospedalieri. L’indagine e le sollecitazioni provenienti dal mondo scientifico e dall’associazione dei pazienti sono state raccolte dal Ministro della Salute Roberto Speranza per individuare nelle cure domiciliari, in combinazione con la diffusione della telemedicina, un campo  da esplorare per rafforzare l’assistenza territoriale e di prossimità. «Voglio sottolineare il valore di questa scelta del ministro, sostanzialmente  in discontinuità con il passato. Viene riconosciuto, infatti, che le cure domiciliari richiedono una complessa organizzazione e sollecitano la realizzazione di una rete di cura che coordina e integra sia le varie figure professionali (medici, infermieri, professionisti della riabilitazione e altri operatori sanitari) sia le attività di supporto e di accesso alla specialistica ambulatoriale, consentendo di acquisire anche farmaci e altri ausili necessari per l’assistenza  medica a domicilio, secondo le necessità cliniche» conclude Vanacore.

Nel video:

Giuseppe VANACORE
Presidente Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto – Aned

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