Tumore al seno, diagnosi precoce e farmaci mirati aumentano la sopravvivenza

Sono quasi sessantamila i nuovi casi di tumore al seno in Italia. Grazie anche ai controlli periodici, 4 tumori su 5 vengono diagnosticati precocemente, e la sopravvivenza dopo un tumore della mammella è notevolmente aumentata, anche perché oggi i medici oncologi sanno individuare diversi tipi di tumore. I programmi di screening permettono di effettuare sempre più spesso la diagnosi nei primi stadi di malattia, quando il tumore è circoscritto, operabile e non metastatico. Quando possiamo parlare di tumore al seno in fase iniziale o Early Breast Cancer (EBC)?

Si parla di tumore al seno in fase iniziale, o precoce (early) quando non c’è ancora stata una diffusione metastatica – vale a dire la presenza di metastasi agli esami strumentali – al di fuori della ghiandola mammaria e dei linfonodi ascellari. “Early Breast Cancer”, quindi, sta a significare che il è circoscritto e operabile, anche se il percorso che porta all’atto chirurgico può variare sulla base di molteplici fattori.

Il percorso comincia con il sospetto diagnostico, in seguito ad autoriscontro di un nodulo mammario da parte della paziente o nell’ambito di programmi di screening per la prevenzione secondaria. L’esame mammografico oggi consente di diagnosticare in fase precoce la maggior parte dei tumori della mammella. Una volta scoperto il tumore, bisogna capire di quale tipo si tratta; per questo si ripete la mammografia, si esegue l’ecografia e a volte la risonanza magnetica, e successivamente la biopsia, con la quale viene prelevato un frustolo tissutale del tumore necessario per confermare la diagnosi e identificare la tipologia. In base a queste caratteristiche si decide se iniziare il trattamento con l’intervento chirurgico, seguito da terapie adiuvanti con farmaci antitumorali che hanno lo scopo di ridurre il più possibile il rischio di una futura recidiva, oppure, in alcuni tipi, se cominciare con la terapia farmacologica antitumorale, che in questo caso si chiama terapia neoadiuvante, alla quale farà seguito l’intervento chirurgico e successivamente, a seconda della situazione, eventuali altre terapie farmacologiche.

Il numero di nuovi casi di tumore mammario in Italia si assesta intorno ai 55.000, in Emilia-Romagna abbiamo circa 5.000 nuove diagnosi all’anno. In Emilia-Romagna si trova la SSD Oncologia Medica – Zamagni, impegnata nella diagnosi e nella cura dei tumori femminili (mammella e tumori ginecologici) sia sotto il profilo preventivo-diagnostico-assistenziale che di follow-up. Riguardo la presa in carico delle pazienti nella Breast Unit (Unità di senologia), il Centro è collegato con il programma di screening mammografico, per cui la maggior parte delle pazienti sono donne alle quali in corso di screening è stato trovato un tumore della mammella e che vengono indirizzate direttamente alla struttura. Qui vengono valutate da un gruppo multidisciplinare, il cosiddetto core team della Breast Unit, che comprende l’oncologo medico, il chirurgo, il radiologo e il radioterapista, l’anatomopatologo, il biologo molecolare e l’infermiera case manager, figura molto importante deputata ad organizzare gli appuntamenti per la paziente e l’intero percorso diagnostico-terapeutico. Dopo che la paziente è stata visitata, informata della diagnosi e il team multidisciplinare ha condiviso come procedere, inizia il percorso già descritto sopra. Claudio Zamagni, Direttore Oncologia Medica Senologica e Ginecologica e Responsabile Clinico della Breast Unit, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Ospedale di Sant’Orsola, commenta: “Nel nostro Centro (come in pochi altri ospedali italiani) è presente, una oncologia medica interamente ed esclusivamente dedicata ai tumori femminili, nel quale opera un’équipe di oncologi esperti in tumori mammari e tumori ginecologici. Nel nostro ospedale sono presenti tutti i servizi a supporto del percorso diagnostico e terapeutico, a partire dagli strumenti di diagnosi e terapia, tutte le specialità coinvolte come il medico nucleare, il chirurgo plastico, lo psiconcologo, il ginecologo esperto in problemi di fertilità (perché nelle donne più giovani con tumore della mammella si pone anche il problema di preservare la fertilità).”

Da oltre 20 anni non si assisteva a sostanziali miglioramenti clinici nella terapia adiuvante del tumore al seno in fase iniziale con recettori ormonali positivi ed HER2 negativo. Il senso di tutte le terapie adiuvanti, indistintamente, è quello di ridurre il più possibile il rischio di recidiva. Si sono utilizzate a partire dagli anni ’70-’80, oltre quarant’anni fa; naturalmente si sono verificati nel tempo progressivi miglioramenti, ma nessuna di queste terapie garantisce, ancora oggi, il cento per cento di successo sebbene questi siano molto più frequenti che in passato. L’obiettivo finale a cui tendere è quello di evitare le recidive alle donne operate per tumore della mammella. Si comprende allora come ogni nuovo tassello aggiunto al mosaico delle terapie adiuvanti possa aiutarci ad aumentare sempre di più il numero delle donne che non avranno la ricaduta di malattia e che potremo considerare guarite.

Da un po’ di tempo a questa terapia ormonale, è possibile abbinare altri farmaci, compresse per bocca, insieme all’ormonoterapia, che potenziano azione di ormonoterapia e riducono recidive.Nel contesto che abbiamo appena descritto si inserisce abemaciclib per le pazienti con recettori ormonali positivi ed HER2 negativo, rappresentando queste la grande parte delle donne con tumore mammario. Nel sottogruppo di pazienti a più alto rischio, lo studio monarchE ha dimostrato che abemaciclib, appartenente alla categoria degli inibitori delle chinasi 4/6 ciclina dipendenti, aggiunto alla ormonoterapia standard, somministrato per bocca tutti i giorni per due anni (mentre la terapia ormonale prosegue per altri cinque-sei anni), ha la capacità di interferire con la proliferazione delle cellule tumorali, bloccandola. Le evidenze del monarchE ci dicono che abemaciclib assunto per due anni, assieme alla terapia ormonale, riduce il numero di recidive e lo riduce in modo significativo.

Nel video:

Claudio ZAMAGNI
Direttore Oncologia Medica Senologica e Ginecologica e Responsabile Clinico della Breast Unit, IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Ospedale di Sant’Orsola

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