Dopo un ictus bisogna avere cura anche di chi si prende cura

L’ictus cerebrale colpisce, ogni anno, più di 12 milioni di persone, circa 100.000 nel nostro Paese e rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. In Italia, le persone che hanno avuto un ictus e sono sopravvissute, con esiti più o meno invalidanti, sono oggi circa 1 milione e, di queste, più della metà presenta un grado di disabilità che prevede la necessità di assistenza domiciliare e supporto continuativi da parte di una persona – il caregiver – e il peso del ‘prendersi cura’ ricade, la maggior parte delle volte, sulle donne. Quello svolto dal/la caregiver familiare è un compito particolarmente oneroso ma, nonostante ciò, in Italia, a differenza di molti altri Paesi europei, questa figura non viene giuridicamente riconosciuta né tutelata, rivelando purtroppo, in maniera inequivocabile, quanto sia invisibile e considerata di poca importanza.

Per accendere i riflettori sul post ictus e sul ruolo del caregiver, oltre che per offrire un aiuto concreto a livello medico, pratico ed emotivo, A.L.I.Ce. Lombardia Odv (Associazione per la Lotta all’ictus cerebrale) organizza, con il patrocinio della Società Italiana di Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (S.I.M.F.E.R.) e grazie al contributo non condizionato di AbbVie, un incontro che si è tenuto recentemente presso Villa Beretta (Costa Masnaga, Lecco), il presidio di riabilitazione dell’Ospedale Valduce (Como) alla presenza di medici specialisti di vari ambiti (riabilitazione, logopedia, neuropsicologia), pazienti e caregiver.

Molti caregivers hanno un forte bisogno di affrontare problemi relazionali e psicologici ma manifestano la difficoltà di trovare servizi sociali adeguati. Sensazione crescente di stanchezza e di esaurimento emotivo, ansia e depressione, disturbi del sonno e gastro-intestinali, un generale peggioramento della qualità di vita: queste sono solo alcune delle problematiche alle quali può andare incontro chi si prende cura a lungo termine di persone disabili e affette da patologie croniche o degenerative, quali appunto l’ictus cerebrale, che hanno un forte impatto, dunque, non solo sulla persona colpita, ma anche sulla sua famiglia.

Quando si parla di post ictus, è necessario affrontare il tema del trattamento neuroriabilitativo, che, dichiara il Dottor Franco Molteni, Direttore Clinico del Centro di Riabilitazione Villa Beretta e del Villa Beretta Rehabilitation Research Innovation Institute di Costa Masnaga (LC) – “ha come obiettivo quello di migliorare le capacità fisiche, mentali ed emozionali, restituendo alla persona la maggior indipendenza possibile. La riabilitazione dovrebbe iniziare in ospedale quanto prima, e proseguire con percorsi riabilitativi personalizzati che garantiscano continuità di cura sia nella fase ospedaliera che in regime ambulatoriale o domiciliare e con regolare follow up. Particolare attenzione e intensità di cura va riservata ai primi 6 mesi dopo l’evento ictale, periodo con importanti possibilità di recupero, ma altrettanta attenzione va messa in campo anche nella fase successiva, in quanto sono possibili significativi miglioramenti anche dopo tale periodo sia sul versante motorio sia, in particolare, per il recupero del linguaggio e della comunicazione”.

Oltre alla riabilitazione motoria, che aiuta a mantenere il tono e la forza muscolare, spesso è necessario prevedere anche sedute di logopedia ed esercizi che possano migliorare la deglutizione. Non meno importante è la terapia occupazionale, che è un importante aiuto nell’affrontare le attività quotidiane ed essere nuovamente inseriti nell’ambiente sociale e lavorativo; si tratta di un approccio personalizzato e basato sulle esigenze del singolo per migliorare la qualità di vita del paziente e del caregiver.

“Si parla molto di prevenzione e di gestione della fase acuta dell’ictus – dichiara Franco Groppali, Presidente di A.L.I.Ce. Lombardia Odv – mentre purtroppo sono molto più scarse e frammentarie le informazioni relative alla fase successiva, quella appunto della neuroriabilitazione. La maggior parte di chi torna a casa, infatti, non riceve le notizie necessarie sui possibili sviluppi della patologia o sui percorsi che si possono intraprendere. Questo inevitabilmente aumenta anche il senso di isolamento e di rassegnazione di fronte alle enormi difficoltà da affrontare per cercare di riprendere una vita che sia il più possibile “normale”, in base alle proprie abilità”.

Nel video:

  • Franco GROPPALI
    Presidente di A.L.I.Ce. Lombardia Odv
  • Franco MOLTENI
    Direttore Clinico del Centro di Riabilitazione Villa Beretta e del Villa Beretta Rehabilitation Research Innovation Institute di Costa Masnaga (LC)
  • Silvia AGGUJARO
    Psicologa, Neuropsicologa e Psicoterapeuta
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