Artrite reumatoide: nuovi dati su abatacept

Sono stati annunciati oggi i risultati del periodo di switch in aperto dello studio fase IV Early AMPLE, che ha valutato le differenze con cui abatacept e adalimumab interferiscono con la progressione di malattia nei pazienti con Artrite Reumatoide (AR) precoce da moderata a grave, risultati positivi (sieropositivi) a determinati anticorpi. I risultati hanno evidenziato che i pazienti sieropositi con AR i, trattati con abatacept, dimostravano miglioramenti clinici sostanziali alla settimana 48, sostenendo il livello di risposta raggiunto alla settimana 24, rispetto ad adalimumab. Nei pazienti sieropositivi che avevano effettuato lo switch da adalimumab ad abatacept, le risposte di efficacia sono generalmente migliorate nel periodo in aperto fino alla settimana 48. Questi risultati sono stati oggetto di un poster presentato al Congresso “virtuale” Europeo di Reumatologia (EULAR) 2020.

Lo studio Early AMPLE comprendeva pazienti con AR precoce (≤ 12 mesi dall’esordio dei sintomi) da moderata a grave trattati con farmaci biologici e sieropositivi agli Anticorpi Anti Peptide Ciclico Citrullinato (ACPA) e al Fattore Reumatoide (FR). Questi pazienti hanno un’artrite reumatoide maggiormente attiva, progressiva e associata ad una prognosi sfavorevole.

I risultati hanno mostrato che nei 76 pazienti sieropositivi con AR, arruolati nel periodo di switch in aperto:

  • Le risposte di efficacia osservate alla settimana 24 con abatacept sono state mantenute alla settimana 48 nei pazienti che hanno proseguito con abatacept. Alla settimana 48, le risposte ACR 20/50/70 con abatacept nel braccio che non aveva effettuato lo switch erano 78, 63 e 50, rispettivamente. Alla settimana 24, le risposte ACR 20/50/70 con abatacept erano 83, 73 e 50, rispettivamente; i risultati con adalimumab alla settimana 24 erano 63, 45 e 30, rispettivamente.
  • Nei pazienti che avevano effettuato lo switch da adalimumab ad abatacept, benchè lo studio non avesse la potenza per dimostrare la superiorità o la non-inferiorità, le risposte di efficacia erano generalmente migliorate nel periodo in aperto fino alla settimana 48. Le risposte ACR 20/50/70 ACR nei pazienti passati da adalimumab ad abatacept erano 75, 63 e 38, rispettivamente, alla settimana 48.
  • Nel complesso, in pazienti con un noto marcatore genetico prognostico in AR, chiamato “Epitopo Condiviso” (Shared Epitope – SE), che avevano continuato il trattamento con abatacept, hanno ottenuto risposte numericamente più elevate rispetto alla popolazione più ampia di pazienti sieropositivi alla settimana 48, confermando la potenziale importanza dello SE come fattore predittivo di risposta ad abatacept. Le risposte ACR 20/50/70 erano 77, 67 e 53, rispettivamente, per i pazienti SE positivi che avevano continuato abatacept.
  • Il profilo globale di sicurezza di abatacept era coerente con gli studi precedenti e non sono stati identificati ulteriori segnali di sicurezza.

L’allele HLA-DRB1, che codifica l’Epitopo Condiviso, fornisce le informazioni per produrre una proteina che svolge un ruolo chiave nell’aiutare il sistema immunitario a distinguere  tra proteine proprie” e quelle provenienti da agenti dannosi, come batteri e virus. L’Epitopo Condiviso ha mostrato di essere fortemente associato all’AR, e sembra sia coinvolto nella iperattivazione delle cellule immunitarie, chiamate cellule T, che caratterizzano la malattia. L’Epitopo Condiviso è presente nel 70-80% dei pazienti con AR, positivi agli ACPA.

“Sappiamo che i pazienti con artrite reumatoide sieropositivi agli ACPA e/o portatori del genotipo Epitopo Condiviso  possono avere un decorso della malattia più grave ed esiti peggiori,” afferma Vivian P. Bykerk, MD, reumatologo presso Hospital for Special Surgery. “I risultati provenienti dalla prima fase dello studio Early AMPLE e ora quelli del periodo di switch in aperto, suggeriscono che i pazienti con AR sieropositivi, possono ottenere risposte cliniche durature con abatacept.  I risultati, inoltre, sottolineano il ruolo di questi biomarcatori nella diagnosi precoce della malattia e possono risultare utili per la definizione di piani terapeutici personalizzati per i pazienti. Si tratta di un piccolo studio e sono necessarie ulteriori ricerche per confermare i risultati.”

“Questi dati supportano l’utilizzo di abatacept come opzione di trattamento di prima linea dei pazienti che presentano biomarcatori chiave di AR, mostrando che i livelli elevati delle risposte ottenute dai pazienti con un decorso di malattia più grave, possono essere mantenuti nel lungo periodo,” dichiara Dr. Brian Gavin, responsabile dello sviluppo di abatacept in Bristol Myers Squibb. “Con il nostro approccio  focalizzato sulla precisione in immunologia, continuiamo a migliorare la conoscenza  dei biomarcatori per indirizzare le decisioni terapeutiche, migliorare i risultati e aumentare le opzioni terapeutiche  per i pazienti con malattie immunomediate”.

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