Artrosi: non trascuriamo quel “doloretto” all’articolazione, non è un “normale” problema dell’età

Sono più di quattro milioni gli italiani che soffrono di artrosi, vale a dire il 12% della popolazione. Si tratta di una malattia reumatica cronica, caratterizzata da una progressiva degenerazione di tutta l’articolazione che ne è interessata. Erroneamente, la si considera un acciacco che si presenta con l’avanzare dell’età, così, quel “doloretto” che si avverte all’anca, al ginocchio, alle mani, o alle spalle è “normale”. «Anche se questa malattia colpisce perlopiù le persone al di sopra dei 50 anni, spesso con problemi di sovrappeso o di obesità, quel “doloretto” non va considerato come normale, ma va quanto prima segnalato allo specialista. Le terapie che abbiamo a disposizione, sia quelle farmacologiche e non, unite a una correzione dello stile di vita, possono fare molto per rallentare il progredire di questa patologia», spiega il Professor Alberto Migliore, Presidente dell’Associazione Nazionale per la Terapia Intra Articolare dell’Anca con Guida Ecografica (ANTIAGE) e consigliere CReI (Collegio Reumatologi Italiani).

L’artrosi non fa distinzioni: può interessare in egual misura sia uomini che donne. Anche se nel sesso femminile vi è maggior frequenza di osteoartrosi della mano. «Una parte importante della prevenzione dell’artrosi viene svolta dall’economia articolare, che consiste in un risparmio dell’articolazione impegnata nel compiere una determinata attività. Questo aspetto è particolarmente importante per quanto riguarda l’artrosi della mano, in soprattutto per le donne, abitualmente più impegnate nei lavori domestici durante i quali si compiono lavori che “stressano” le articolazioni come strizzare o strofinare. Il consiglio è quello di utilizzare degli ausili o degli accorgimenti per salvaguardare l’articolazione trapezio-metacarpale da microtraumatismi che nel lungo periodo possono peggiorare l’artrosi. Il suggerimento può essere per esempio quello di ricorrere all’uso dello schiaccianoci per aprire le bottiglie oppure un apri-barattoli. Nel caso dell’artrosi della spalla per la salvaguardia della salute dei tendini coinvolti, una corretta abitudine consiste nel portare la borsetta sulla spalla e non a mano per ridurne il peso gravante sulla spalla stessa», suggerisce Silvia Sanna, reumatologa presso l’Ambulatorio di Reumatologia dell’Ospedale di Iglesias (Su) e consigliere CReI.

Nella comparsa dell’artrosi, in particolare agli arti inferiori, gioca un ruolo chiave l’obesità. «Perché crea un sovraccarico, soprattutto sulle articolazioni di anca, ginocchio, piede. Questo è un altro aspetto da non sottovalutare. Chi ha l’artrosi ha maggiore difficoltà nella mobilità, e anche per questo fa meno attività fisica. Così si innesca un circolo vizioso, dannoso per il benessere in generale. Muoversi poco, infatti, comporta anche un peggioramento di malattie cardiovascolari e dismetaboliche come il diabete. Sono in corso diversi studi sulla relazione che lega l’artrosi come aumentato caso di mortalità nei pazienti diabetici e/o cardiopatici», sottolinea il Professor Migliore.

Ma non è tutto: questa malattia può avere come conseguenza l’autoisolamento e disturbi dell’umore. «Perché non permette di fare più molte delle attività che si potevano fare prima, come organizzare dei momenti insieme agli amici, fare lunghe passeggiate, o scendere e salire le scale di casa propria. Non tutti hanno l’ascensore. Ma il disagio non lo avverte solo chi ne è affetto, lo vivono anche i caregiver. Non dobbiamo dimenticarli. Questa patologia ha un costo sociale enorme», afferma Alberto Migliore, che suggerisce di non attendere di arrivare all’ultimo stadio dell’artrosi, ossia quello che prevede l’intervento chirurgico con la sostituzione dell’articolazione. «L’artrosi inizia sempre con sintomi lievi, e, se trascurati, portano gradualmente alla deformazione della cartilagine, delle ossa, dei tendini e dei muscoli interessati. Si arriva cioè a quella che noi definiamo insufficienza articolare, con la conseguenza di un peggioramento rapido che porta inevitabilmente alla chirurgia. Basterebbe trattarla tempestivamente, quando si presentano le prime avvisaglie, adottando innanzitutto uno stile di vita diverso da quello condotto finora. Si può intervenire con farmaci condroprotettori, per proteggere la cartilagine: si possono prendere anche per lunghi periodi, perché hanno un effetto sia sul sintomo che sull’arresto della malattia. Inoltre, alla bisogna, si può ricorrere a iniezioni intra-articolari di acido jaluronico o di altri prodotti che riducono i sintomi dolorosi del 40-60%. E nei momenti di acuzie alle iniezioni di cortisone», fa notare Alberto Migliore. Questo vorrebbe dire un minor costo sociale e un minor costo per il SSN.

La prevenzione è sempre l’arma migliore, dicono gli esperti. «Anche perché si limiterebbe l’uso, che spesso diventa abuso, di farmaci come antiinfiammatori e antidolorifici presi in automedicazione che possono avere effetti collaterali nel lungo periodo sullo stomaco e sui reni, per esempio. Meglio affidarsi al consiglio del medico che conosce il proprio quadro clinico, per usare questi farmaci al bisogno, mentre si interviene sulla sullo stile di vita e sull’attività fisica. È importante che i muscoli lavorino, perché sono essenziali nel coadiuvare la funzione dell’articolazione nel movimento. Se i muscoli non sono allenati, si lascia al solo scheletro il compito di muoverci e questo ha un costo sulle articolazioni», conclude la Dottoressa Silvia Sanna.

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