L’impatto delle Spondiloartiti sulla qualità della vita: il vissuto dei pazienti

Come un continente sconosciuto in emersione, Atlantis è il progetto promosso dall’Associazione Nazionale Malati Reumatici (ANMAR) che intende portare alla luce il mondo sommerso delle spondiloartriti, un gruppo di patologie reumatiche, spesso subdole e difficili da diagnosticare, con un forte impatto sulla vita di relazione e lavorativa delle persone.
Nell’ultimo decennio, infatti, si è affermata, tra le Istituzioni, le autorità sanitarie, i media e, in generale, l’opinione pubblica, una maggiore consapevolezza sulle malattie reumatiche croniche e si è consolidata anche la conoscenza di patologie ad elevato impatto sociale, quali ad esempio l’artrite reumatoide. Tuttavia le malattie reumatiche sono numerose e molto diverse tra loro ed è per questo che è indispensabile continuare a promuoverne la conoscenza per contribuire a migliorare la qualità della vita di che ne è affetto.
Per comprendere come vivono le persone affette da una malattia da cui non guariranno mai,  ANMAR ha presentato stamani i risultati della prima ricerca italiana su “L’impatto delle Spondiloartiti sulla qualità della vita: il vissuto dei pazienti”, realizzata per la prima volta in Italia.  La ricerca, in collaborazione con Doxa – Pharma, su un campione di 770 persone colpite da queste patologie, in 18 regioni italiane, ha indagato la vita quotidiana, di relazione, l’impatto sul lavoro e sulla carriera delle persone. Sono stati messi in luce gli aspetti inerenti la diagnosi, l’accesso alle cure, il rapporto con lo specialista e, soprattutto, la qualità dei rapporti umani, affettivi, professionali e sociali. Il progetto è stato curato dal punto di vista scientifico dalla dott.ssa Roberta Ramonda (Cattedra e UOC di Reumatologia, Dipartimento di Medicina DIMED, Azienda- Università di Padova).
“Dai dati emersi dalla ricerca – sottolinea Gabriella Voltan, Presidente ANMAR -risultano le enormi difficoltà che, ogni giorno, le persone colpite da spondiloartrite sono costrette ad affrontare, e che per noi di ANMAR rappresentano uno stimolo ad intensificare l’impegno nella diffusione della conoscenza di queste patologie. L’obiettivo del  progetto è di offrire uno strumento di informazione che possa aiutare tutti gli interlocutori che ruotano intorno al paziente a migliorare in modo fattivo la vita di queste persone, favorendo diagnosi sempre più tempestive, trattamenti efficaci ed appropriati e, non da ultimo, un sostegno psicologico”.
Dalla ricerca emergono alcuni punti essenziali che dimostrano come questo gruppo di patologie sia complesso da gestire e ancora poco conosciuto: ad esempio, 7 pazienti su 10 a cui viene diagnosticata una patologia nell’area delle spondiloartriti non ne aveva mai sentito parlare prima; fondamentale il ruolo dei centri di reumatologia che in 8 casi su 10 formulano la diagnosi per i nuovi pazienti; i farmaci biologici rappresentano il trattamento di elezione per oltre la metà dei pazienti, ma 1 persona su 4 abbandona la terapia e nel 23% dei casi questo avviene senza consultare il medico, alla comparsa dei primi miglioramenti. E ancora, forte è l’impatto sulla vita professionale e sociale: 1 paziente su 5 cambia i propri progetti lavorativi a causa della malattia. Ma soprattutto, 1 paziente su 3 vive in uno stato di profondo malessere e quasi 1 paziente su 4 si trova a dipendere dal supporto degli altri per le attività quotidiane.
“Questi dati – commenta Giovanni Minisola, Past President della Società Italiana di Reumatologia (SIR) e – Direttore della Divisione di Reumatologia, dell’Ospedale di Alta Specializzazione “San Camillo” di Roma – pongono l’attenzione su un problema fondamentale in Reumatologia: la difficoltà ad attuare una diagnosi precoce per carenza o mancanza della rete assistenziale reumatologica sul territorio italiano. Diagnosi precoce la cui importanza è sottolineata da un dato drammatico: se si considerano le patologie reumatiche a più alto potenziale invalidante, nel 10% dei casi si registra uno stato di invalidità lavorativa totale e permanente dopo solo due anni dall’insorgenza, nel 30%, dopo cinque anni e nel 50%, dopo dieci anni. Le ricadute negative quanto a perdita di capacità lavorativa e ridotta produttività dei soggetti colpiti rappresentano un problema socio-economico che in questo momento critico per il nostro Paese non possono e non devono essere trascurate o sottovalutate dalle Istituzioni”.
“Le SpA sono patologie spesso di difficile inquadramento – sottolinea Roberta Ramonda, Cattedra e UOC di Reumatologia, Dipartimento di Medicina DIMED, Azienda – Università di Padova – gravate per questo motivo da un ritardo diagnostico talora di 10 anni e caratterizzate da esiti talvolta irreversibili. Da ciò scaturisce la necessità di focalizzare l’attenzione sui criteri diagnostici al fine di permettere una più precoce diagnosi ed un trattamento tempestivo ed adeguato. Con questo scopo il gruppo di esperti “Assessments in Spondyloarthritis International Society”(ASAS) ha  recentemente messo a punto una nuova classificazione in base al tipo prevalente di impegno clinico: SpA ad interessamento prevalentemente assiale e SpA ad interessamento prevalentemente periferico”.
Spesso queste patologie colpiscono persone al di sotto dei quarant’anni, quindi nel pieno delle loro capacità produttive, generando un notevole impatto sia sulla sfera personale sia sul sistema socio-economico. Pertanto la diagnosi precoce di tali malattie è un obiettivo cruciale.
“L’ampia diffusione delle patologie croniche nella popolazione italiana (38,8%) e la loro incidenza in termini di costi sulla spesa pubblica socio-sanitaria (70%) – commenta Tonino Aceti,  Responsabile Coordinamento nazionale Associazioni Malati Cronici – Cittadinanzattiva – mettono in evidenza nuovi bisogni e l’urgenza di risposte diverse dal passato, soprattutto in termini di miglioramento dell’assistenza e di maggiore attenzione alla qualità della vita. In questo ambito le malattie reumatiche, sono una delle sfide più importanti con le quali un moderno stato sociale deve confrontarsi: rappresentano una delle prime cause di inabilità temporanea e disabilità permanente e sono la più frequente causa di assenza dal lavoro. A questo punto diventa ineludibile la stesura e l’implementazione di un Piano Nazionale sulle Patologie Reumatiche, in grado di garantire  risposte sanitarie e sociali ai bisogni delle persone con patologie reumatiche, in modo tempestivo, appropriato e uniforme sul territorio nazionale”.

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