Malattia di Fabry, le soluzioni per trattare questa grave malattia genetica

La malattia di Fabry è una malattia rara che si manifesta in genere durante l’infanzia con alcuni sintomi aspecifici tra cui sensazioni dolorose alle estremità degli arti, comparsa di macchie rossastre sulla pelle, sudorazione ridotta, opacità della cornea, dolore neuropatico, manifestazioni gastrointestinali, tinnito (fischio o ronzio nell’orecchio) e perdita di udito, angiocheratomi (lesioni della pelle), ritardo della crescita e della pubertà. Proprio per la sua rarità e per i sintomi, che spesso sono aspecifici e facilmente confondibili con altre patologie, in molti pazienti la diagnosi arriva tardi.

Le complicazioni in età adulta comprendono soprattutto la patologia renale cronica, cardiomiopatia, complicazioni del sistema nervoso centrale, inclusi infarto prematuro e morte prematura. La qualità della vita dei pazienti risulta quindi fortemente compromessa. Fortunatamente, una diagnosi precoce, insieme all’adozione di una terapia adeguata, rappresentano un aiuto concreto per gestire al meglio la patologia, trattarne efficacemente i sintomi e scongiurare danni irreparabili a organi vitali.

Nel corso della vita, la malattia colpisce diversi organi e sistemi, dal sistema nervoso, reni, cuore, vasi sanguigni. Si può arrivare a situazioni gravi come l’insufficienza renale, l’infarto o l’ictus. Le terapie enzimatiche sostitutive a disposizione sono due, agalsidasi beta e agalsidasi alfa, e hanno permesso di allungare la durata media della vita, che altrimenti sarebbe di circa 50 anni nei maschi e 60 nelle femmine, reintegrando l’enzima mancante o deficitario per poter eliminare il substrato accumulatosi nei tessuti degli organi e, quindi, prevenire o stabilizzare il processo di declino funzionale nei diversi organi bersaglio.

Alcuni studi hanno evidenziato la maggiore solidità e robustezza dei dati di efficacia a livello renale di agalsidasi beta rispetto ad agalsidasi alfa. Il dato significativo che emerge da questi studi è il deterioramento dei parametri renali, misurato come la velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR), nei pazienti trattati con una dose inferiore di agalsidasi beta o con il dosaggio standard di agalsidasi alfa e un aumento dei sintomi gastrointestinali che fanno parte della storia naturale della patologia. Le riduzioni annuali dell’eGFR risultavano invece attenuate nei pazienti che sono in trattamento con la dose standard di agalsidasi beta.

Oggi, per la prima volta, i dati di confronto tra le due terapie, che sottolineano la maggiore efficacia almeno a livello renale di agalsidasi beta rispetto ad agalsidasi alfa, sono stati inseriti nella scheda tecnica di agalsidasi beta. È stato infatti effettuato di recente un importante aggiornamento all’interno della scheda tecnica di agalsidasi beta, inserendo per la prima volta i dati di comparazione dell’efficacia con agalsidasi alfa.

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Rassegna stampa 5 febbraio 2021

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