infezioni farmaco-resistenti

Antibiotici da utilizzare correttamente

Di anno in anno, l’Italia si mantiene ai primi posti in Europa nella prevalenza di infezioni antibioticoresistenti, con una diffusione superiore alle medie per alcuni dei principali superbatteri. Se in Europa ogni anno si stimano circa 670.000 infezioni da germi multiresistenti, quasi un terzo dei casi (200.000) si registrano in Italia. Stesse percentuali per quanto riguarda i decessi che sono circa 33.000 in Europa e 10.000 nel nostro Paese.
I dati più recenti dell’European Center for Disease Prevention and Control (ECDC) confermano la nostra ‘leadership’ nella diffusione di Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi (CRE), vero esempio di super batterio killer. Anche su altri profili di resistenza i numeri italiani sono allarmanti rispetto alla media europea, come per esempio con Pseudomonas aeruginosa Multiresistente, Enterobacteriaceae produttrici di beta lattamasi a spettro esteso, Stafilococco aureus Meticillino-resistente. Ed è di poche settimane fa il caso degli ospedali toscani dove si è registrato un outbreak da New Delhi Metallo beta-lactamase (NDM), che ha i connotati di una vera e propria epidemia da infezione microbica resistente agli antibiotici, con ben 36 decessi e oltre 100 pazienti colpiti.
I maggiori infettivologi italiani, riuniti per l’International Meeting on Antimicrobial Chemotherapy in Clinical Practice promosso dalla SITA – Società Italiana di Terapia Antinfettiva, lanciano un appello in tutte le direzioni: ai medici, affinché rivedano i loro comportamenti prescrittivi; ai cittadini, affinché usino responsabilmente gli antibiotici; alle istituzioni, sollecitate a promuovere campagne di sensibilizzazione.
«Le ragioni di quanto sta accadendo sono diverse – dichiara Matteo Bassetti, Professore ordinario di Malattie infettive e Direttore della Clinica Malattie Infettive, Ospedale San Martino di Genova, Presidente della SITA – All’interno delle strutture d’assistenza vi sono persone malate, spesso anziane e fragili, facilmente aggredibili dalle infezioni. La seconda ragione è che negli ospedali italiani viene trattata con antibiotici una percentuale di pazienti superiore a quella di altri Paesi europei. Il terzo problema è relativo alla non totale attivazione delle misure necessarie per evitare queste infezioni, come ad esempio l’uso appropriato dei guanti che servono a proteggere il paziente. Tutto questo rende urgente e necessarie iniziative di sensibilizzazione rivolte soprattutto ai cittadini: bisogna partire dalle scuole per insegnare a usare correttamente questi farmaci e spiegare il valore delle buone regole dell’igiene».
In Europa le percentuali di utilizzo di antibiotici ad ampio spettro variano tra il 16% e il 62%; negli ospedali europei, fino al 50% degli antibiotici vengono usati senza necessità o in modo inappropriato. Nell’UE il consumo di antibiotici specifici per il trattamento delle infezioni multiresistenti è raddoppiato nel periodo compreso tra il 2010 e il 2014.
L’Italia è tra i primi Paesi per consumo di antibiotici (27,8 dosi al giorno ogni 1.000 abitanti). Nel biennio 2016-2017, si è posizionato tra i primi paesi europei per l’utilizzo di antibiotici (44,5%), subito dopo Spagna (46,3%) e Grecia (55,6%), contro una percentuale decisamente più bassa in paesi come Inghilterra (37,4%) e Francia (19,7%).
«Ovviamente nell’insieme si tratta di dati allarmanti, sui quali bisogna assolutamente intervenire ma dimostrano che in Italia c’è una forte attenzione alla sorveglianza e che il nostro Paese non nasconde i propri dati e non nega le terapie ai pazienti che non hanno possibilità reali di guarigione, a massimo rischio di essere preda di microorganismi resistenti – spiega Pierluigi Viale, Direttore UO Malattie Infettive, Policlinico S. Orsola Malpighi, Bologna e Vicepresidente SITA – Il vero argomento di riflessione è il fatto che ci siano stati tanti casi concentrati in pochi ospedali, dato che impone una riflessione sull’Infection control. Probabilmente tanto quanto siamo attenti su tutti i discorsi correlati alla terapia, altrettanta attenzione dovremmo porre sulla questione della prevenzione».

Tre gli aspetti sui quali la SITA richiama l’attenzione. Il primo riguarda il rispetto di tutte le procedure di prevenzione nell’ambito dell’Infection control: lavaggio delle mani, comportamenti corretti del personale ospedaliero. La prevenzione passa poi attraverso una corretta gestione della politica degli antibiotici: tempi di trattamento più brevi, meno terapie ridondanti, meno prescrizioni difensive, ottimizzazione delle posologie, in pratica tutti i cardini dell’antimicrobial stewardship, l’insieme di attività che connotano la visione di sistema della terapia antibiotica. Questa procedura potrebbe comportare di evitare almeno trenta prescrizioni di antibiotici su 100 fatte ogni giorno in un ospedale o in comunità. «Negli ultimi anni si sono rese disponibili nuove tecnologie di diagnosi e nuove molecole, non numerose ma efficienti. È nostro compito usarle correttamente, non sprecarle e identificarne bene gli ambiti di utilizzo», aggiunge Viale.
I nuovi antibiotici sono rivolti in particolare al trattamento delle infezioni da Gram-negativi e sono in grado di ripristinare l’azione antibiotica attraverso meccanismi come l’inibizione delle beta lattamasi, enzimi prodotti dai batteri, responsabili della resistenza agli antibiotici. Ma il loro utilizzo incontra ostacoli sia regolatori, in termini di limitazioni alle indicazioni, che culturali da parte di molti medici che preferiscono prescrivere i “vecchi” antibiotici.

Nel video:

  • Matteo BASSETTI
    Presidente SITA-Società Italiana di Terapia Antinfettiva
  • Pierluigi VIALE
    Direttore UO Malattie Infettive – Policlinico S. Orsola Malpighi – Bologna
Total
982
Condivisioni
Articolo Precedente
test tumore al seno

Un test per evitare la chemioterapia

Articolo Successivo
tumore alla prostata

Uomini, fatevi controllare la prostata

Articoli correlati