Nuove terapie contro la schizofrenia

I farmaci LAI – long acting injectables – hanno contribuito a modificare la terapia antipsicotica aprendo la strada alla liberazione dal pensiero della malattia e delle ricadute che ingabbiano il paziente, ricadute che colpiscono la gran parte delle persone con schizofrenia.

Questi farmaci a lunga durata d’azione permettono intervalli di somministrazione più lunghi rispetto ai farmaci orali e grazie ai quali il paziente non è più condizionato dall’assunzione giornaliera della terapia. «Oggi le prospettive e l’orizzonte dei pazienti si allargano significativamente con l’arrivo della prima terapia trimestrale di paliperidone palmitato – spiega Andrea Fagiolini, Professore Ordinario di Psichiatria, Università degli Studi di Siena – una somministrazione limitata a sole quattro volte l’anno, un vero e proprio “respiro di aria fresca” per i pazienti e per gli stessi medici, sempre più liberi dal pensiero della terapia, della non aderenza e delle possibili ricadute. Con la nuova terapia trimestrale il periodo libero dall’obbligo di assumere il farmaco antipsicotico triplica rispetto ai LAI già disponibili e moltiplica di ben 90 volte rispetto alle terapie orali, pur garantendo una capacità almeno equivalente nel mantenere il paziente libero da ricadute e aprendo in questo modo un’opportunità maggiore per programmare, recuperare le dinamiche sociali e ricostruire i legami affettivi».

A essere cambiati, in questi anni, non sono solo le strategie terapeutiche ma lo stesso volto della malattia psicotica, malattia sempre più giovane. Diminuisce l’età media alla quale i pazienti arrivano dallo psichiatra, perché la patologia viene diagnosticata sempre più precocemente, indice in parte di una maggiore accettazione del concetto di malattia mentale da parte delle famiglie e della società, ma anche a causa di alcuni fattori esterni che ne anticipano l’esplosione: il consumo di sostanze stupefacenti in primis, ma anche il ritmo di vita frenetico, l’esposizione continua a stimoli diversi, il bombardamento mediatico, l’incitamento alla violenza, che aprono la porta ad una malattia probabilmente già presente, ma che in altre condizioni non necessariamente si sarebbe manifestata così precocemente. «Per affrontare il percorso terapeutico di questi giovani pazienti, è fondamentale tener presente che una più lunga durata di malattia non trattata in soggetti schizofrenici è stata associata a una più lunga degenza ospedaliera, a più alti tassi di ospedalizzazione nel lungo periodo e a una più importante disabilità. Quindi è preferibile trattare la malattia prima possibile, evitando la degenerazione e il peggioramento. Uno studio retrospettivo con 21.492 pazienti affetti da schizofrenia ha mostrato come la terapia di lungo periodo con i farmaci antipsicotici (non con benzodiazepine) sia associata a un minor tasso di mortalità generale e suicidio, rispetto a nessun trattamento», commenta Carlo Altamura, Direttore Clinica Psichiatrica Università degli Sudi di Milano e Unità operativa di Psichiatria Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e Presidente Società Italiana di Neuropsicofarmacologia (SINPF).
«Secondo le stime dell’OMS, più di 21 milioni di persone al mondo soffrono di schizofrenia; in Italia sono circa 300.000, secondo uno studio condotto con la collaborazione dell’Università di Tor Vergata.
Da tenere presente che le persone affette da schizofrenia hanno una mortalità più del doppio rispetto alla popolazione generale – commenta Alberto Siracusano Professore Ordinario di Psichiatria, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Direttore U.O.C. Psichiatria e Psicologia Clinica Fondazione Policlinico Tor Vergata – la schizofrenia nel nostro Paese ha un forte impatto economico: il costo totale generato da costi diretti e indiretti è pari a circa 2,7 miliardi di euro. Di questi circa il 50,5%, è costituito da costi indiretti, non direttamente imputabili alla patologia, mentre solo il restante 49,5% è generato da costi diretti, ovvero i costi di ospedalizzazione (compresa la residenzialità e l’assistenza domiciliare), della terapia farmacologica e degli altri trattamenti. È interessante notare che tra i costi diretti, il trattamento farmacologico pesa solo per il 10%, mentre l’80% circa è dato dai costi di ospedalizzazione, residenzialità e assistenza domiciliare».
Ora è in arrivo in Italia un nuovo farmaco a base di paliperidone palmitato a somministrazione trimestrale. Per la prima volta, con sole 4 somministrazioni l’anno, si rende sempre più concreto per i pazienti il sogno di una vita libera e la possibilità di un percorso riabilitativo.
«La terapia trimestrale è un passo avanti non solo per la qualità di vita ma anche dal punto di vista clinico, perché l’aderenza al trattamento, favorita da una terapia di 4 somministrazioni all’anno, può diminuire il tasso di ricadute, come dimostrano gli studi clinici effettuati. E questo è vero soprattutto se il trattamento viene iniziato tempestivamente dopo la diagnosi – dichiara Andrea Fagiolini – ogni nuovo episodio psicotico infatti aumenta il rischio di episodi successivi e le ricadute rappresentano il problema principale nella gestione della malattia psicotica, verificandosi nella gran parte dei pazienti. Instaurare precocemente una terapia adeguata può migliorare la gestione della malattia e diminuire il tasso di ricadute: i sintomi della schizofrenia possono essere arginati fin dalla diagnosi grazie a terapie sempre più efficaci e maneggevoli come i LAI, che attualmente vengono utilizzati già all’inizio del percorso di trattamento per aumentare le chances di una vita normale per i pazienti».

Nel video:

  • Andrea FIORILLO
    Professore di Psichiatria – Università della Campania “Luigi Vanvitelli”
  • Andrea FAGIOLINI
    Professore Psichiatria – Università degli Studi di Siena
  • Massimo SCACCABAROZZI
    Presidente e Amministratore Delegato Janssen Italia
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